Nel 1992, qualche anno dopo l'apertura
degli Archivi di Mosca, lo storico Franco Andreucci, scopre una lettera
scritta da Palmiro Togliatti (alias "Ercoli") il 15 febbraio 1943 a
Vincenzo Bianco (allora
funzionario del Komintern).
Nella lettera, siddivisa in vari capitoli, Togliatti risponde alle varie
questioni politiche sollevate dal Bianco. Al terzo capitolo (vedi pagine
7, 8 e 9) della lettera, dove Bianco evidentemente chiedeva a Togliatti
di fare qualcosa per i tanti prigionieri italiani nei Gulag russi, la
risposta di Togliatti è agghiacciante:
"...L'altra questione sulla
quale sono in disaccordo con te, è quella del trattamento dei
prigionieri. Non sono per niente feroce, come tu sai. Sono umanitario
quanto te, o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa. La nostra
posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso la Unione
Sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire.
Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in
conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente
niente da dire, anzi e ti spiego il perché. Non c'è dubbio che il popolo
italiano è stato avvelenato dalla ideologia imperialista e brigantista
del fascismo. Non nella stessa misura che il popolo tedesco, ma in
misura considerevole. Il veleno è penetrato tra i contadini, tra gli
operai, non parliamo della piccola borghesia e degli intellettuali, è
penetrato nel popolo, insomma. Il fatto che per migliaia e migliaia di
famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la
Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il
milgiore, è il più efficace degli antidoti. Quanto più largamente
penetrerà nel popola la convinzione che aggressione contro altri paesi
significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per
ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l'avvenire
d'Italia...".
Alla data del 15 febbraio 1943, si presume che
i prigionieri dell'ARMIR in Russia erano ancora circa 50.000. Togliatti,
forse poteva far poco, ma la risposta che diede a Bianco non lascia
dubbi, non volle neanche tentare di far quel poco, altro che "dama di
Croce Rossa"!. E questo è gravissimo. La pubblicazione di questa
lettera, provocò immediatamente largo (e giusto) sdegno, anche perché la
maggior parte delle famiglie in lutto per i loro cari, erano proprio
contadini e operai, cioè coloro a cui Togliatti chiese a guerra finita,
sostegno per la sua politica. Togliatti non tendendo la mano a quei
poveri cristi in prigione, non puniva i fascisti, con il suo
"migliore e più efficace degli antidoti.." puniva soprattutto
ragazzi di 20-22 anni di campagna, obbligati ad andare in Russia, i volontari erano
pochissimi e questo Togliatti lo sapeva...
Il 19 febbraio
2003, Rai Tre, in prima serata mandava in onda con il programma
"Enigma", una serata dedicata a Togliatti. Riporto per intero quanto
ebbe modo di scrivere il giorno dopo su "Il Giornale", Massimo Caprara:
Il terzo canale televisivo della Rai ha mandato ieri sera in onda, in
prima serata, una puntata della trasmissione Enigma, dedicata a
Togliatti. Essa costituisce un'iniziativa apprezzabile perché il leader
comunista è in genere assai citato, ma poco studiato e approfondito. Si
è trattato, innanzitutto, della famigerata lettera scritta di pugno da
Togliatti nel 1943 e resa nota in Italia nel 1992, sulla dolorosa
questione dei soldati italiani dell'Armir fatti prigionieri in Unione
Sovietica. A suo tempo, la lettera provocò un giustificato clamore e fu
oggetto di una revisione critica del testo. In effetti, la sostanza
reale della lettera di Togliatti risultò, e risulta, in pratica
confermata. Irrilevanti sono le varianti apportate nella seconda lettura
e nella traduzione integrale. Il contesto fu indiscutibilmente quello di
una inaudita violenza contro uomini inermi e non c'è dettaglio lessicale
o formale che possa attenuarne la gravità. Togliatti-Ercoli si
proclamava senza mezzi termini e con vari argomenti, insensibile alla
strage dei prigionieri italiani, anzi sostenitore di una sorta di
pedagogia punitiva nei confronti dell'Italia entrata in guerra.
Io stesso ho conosciuto Vincenzo Bianco, interlocutore della lettera a
Togliatti, allora funzionario del Komintern, poi addetto alla
commissione di Organizzazione delle Botteghe Oscure e all'Unità. Parlai
molte volte con lui e non mi risultò mai che egli attenuasse la durezza
del Kgb sovietico e della nomenklatura comunista italiana, in
particolare di Togliatti, nei confronti dei soldati italiani. Del resto,
va ricordata un'ulteriore sostanziosa realtà. Non si trattò infatti di
fatti ambientali. La voluta persecuzione morale e ideologica si esercitò
a carico dei prigionieri italiani con un altro mezzo, cioè con le Scuole
di comunismo installate nei campi di concentramento. Nell'immediato
dopoguerra, uno degli «insegnanti» di questi corsi di addottrinamento
coatto, Edo, ossia Edoardo D'Onofrio, divenuto segretario della
Federazione comunista di Roma, fu condannato con testimonianze
inoppugnabili da un Tribunale italiano. I corsi finivano spesso con il
trasferimento di prigionieri ribelli o indocili in campi di
concentramento di maggiore asprezza e con spietate fucilazioni.
Vale la pena di aggiungere un commento sulla trasmissione. Essa ha
ospitato in studio due autorevoli dirigenti per età e mandato dell'ex
Pci e dell'attuale Ds. I due personaggi si sono dimostrati commentatori
coscienziosi e testimoni informati, ma di parte. Se si esclude qualche
controllata riflessione critica espressa dal solo Paolo Mieli, la figura
di Togliatti è uscita dagli schermi della trasmissione come quella di un
ordinario uomo politico, dalle forti motivazioni ideologiche e dalle
sofferte, compassionevoli vicende personali. Questa non è l'autentica
realtà, poiché ne è soltanto un'evasiva porzione. Togliatti-Ercoli, fu
un testimone e partecipe del Terrore, sia nella Spagna del 1936 che
nell'Unione Sovietica dello stalinismo. In una scheda di un antifascista
italiano, di cui il Kgb proponeva negli anni Trenta la deportazione in
un gulag di efferata crudezza, Ercoli appone esplicitamente la sua firma
convinta e il suo benestare. Da parte dei due rappresentanti comunisti è
mancato qualsiasi sincero moto di condanna sorgente dall'animo. E' stata
omessa qualsiasi esecrazione, qualsiasi necessaria espressione di
riprovazione pur sintetica, qualsiasi semplice osservazione dura, ma
immancabile sull'uomo Togliatti. E' stata adottata un'accademica
distanza che dovrebbe essere sostituita da una riprovazione più netta e
appassionata. Non rivendico partecipazioni emotive. Manca nel ritratto
televisivo del Togliatti politico il suo raggelante deserto di umanità.
Quando la lettera venne ritrovata, lo
stesso Occhetto, allora massimo dirigente del partito, ne fu esterefatto
poi, venne fuori (dal PCI) che la lettera era una patacca usata per denigrare il
partito, alla fine fu chiaro che non era così. La posizione
dell'Associazione Gramsci, (nel 2003/04) anch'essa erede di quel partito,
difendeva la posizione di Togliatti, dicendo che il segretario del PCI, scrisse in
quel modo, perché quasi costretto, controllato dalla polizia staliniana
non poteva muoversi (e scrivere) come avrebbe voluto.
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